Piano “ridicolo” per reintrodurre la neve nella stazione sciistica abbandonata del Lago di Como

Bellagio, ‘la perla del Lago di Como’, non è un luogo abituato al conflitto. Arroccato su un promontorio a forma piramidale che separa due ‘bracci’ di un lago a forma di Y, al vertice del triangolo Lariano, questo borgo italiano attira da secoli visitatori illustri. Stendhal scrisse della sua “bellezza affascinante”. Mark Twain lo definì “un paradiso di riposo tranquillo”. Ma recentemente, un acceso dibattito sul futuro del turismo nella regione ha diviso la gente del posto e ha minacciato di sconvolgere l’atmosfera tranquilla della popolazione.

Un piano da 5 milioni di euro per riqualificare il sito di un’ex stazione sciistica sulla vetta più alta della penisola, il Monte San Primo (1.682 m), è in pericolo, attirando le ire di un gruppo schietto di ambientalisti. Il progetto di sviluppo, finanziato dal comune di Bellagio in collaborazione con i comuni limitrofi, l’amministrazione regionale e il governo nazionale italiano, comprende la ristrutturazione di un albergo fatiscente, la costruzione di un nuovo parcheggio e, cosa più controversa, la creazione di un nuovo comprensorio sciistico per principianti.

Ma in un’epoca di temperature in aumento, gli appassionati dicono che non ha molto senso investire in nuove infrastrutture sciistiche. Gli impianti di risalita esistenti sul Monte San Primo sono stati costretti a chiudere dieci anni fa, soprattutto a causa della mancanza di neve. Riunendo rappresentanti di 33 organizzazioni, tra cui il WWF e l’influente Club Alpino Italiano, il loro gruppo ombrello, che ha adottato il nome “Salviamo Monte San Primo”, ha organizzato diverse proteste, attirando centinaia di partecipanti. La sequenza minacciava di trascinare fuori il pubblico più illustre del 21° secolo.

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