Alloggio europeo – Casa, (non) dolce casa?

Basandosi sul successo dei colloqui sulla diversificazione energetica, il primo ministro Giorgia Meloni ha recentemente lanciato un accordo di cooperazione energetica con l’Africa, denominato Piano Matti, per utilizzare le capacità di stoccaggio dell’Italia per distribuire il gas dal Nord Africa e dal Mediterraneo al resto d’Europa. Maggiori dettagli su come trasformare l’Italia in un hub energetico centrale per l’Europa saranno svelati a ottobre; Tuttavia, i primi timori sono già comparsi. In primo luogo, i rischi geopolitici potrebbero sconvolgere il piano perché i paesi nordafricani sono spesso soggetti a turbolenze politiche, che potrebbero complicare i negoziati. Inoltre, una soluzione “europea” sarebbe migliore per affrontare la sfida dell’approvvigionamento energetico rispetto alle soluzioni multinazionali che tendono a beneficiare i paesi più grandi e più industrializzati. Tuttavia, le società energetiche italiane come ENI – The National Energy Company – ha un buon track record di investimenti nei paesi africani, e ha recentemente firmato importanti accordi di cooperazione nel campo del gas.

Dato che i fondi di prossima generazione dell’UE contribuiranno anche a migliorare la strategia energetica del Paese, le recenti “preoccupazioni di spesa” sono giustificate. Oltre il 30% delle risorse destinate all’Italia sosterrà la sua transizione verde investendo nell’efficienza energetica degli edifici residenziali e pubblici (15,3 miliardi di euro); mobilità sostenibile (34 miliardi di euro) e sviluppo delle energie rinnovabili, economia circolare e miglioramento della gestione dei rifiuti e delle acque (11,2 miliardi di euro). Nei primi due anni del programma, il rilancio degli investimenti pubblici è stato moderato, pertanto è necessario un forte recupero della capacità di spesa all’orizzonte per compensare i ritardi. Tutti gli occhi sono puntati sulla capacità amministrativa dell’Italia di gestire una quantità di risorse senza precedenti.

READ  Un alto funzionario cinese visita l'Italia e loda il Belt and Road Memorandum

Un altro banco di prova importante per il governo sarà la dinamica fiscale nel medio periodo in un contesto di aumento dei tassi di interesse, normalizzazione dell’inflazione e rallentamento della crescita economica (Figura 5). Il debito pubblico italiano rispetto al PIL è sceso di oltre 5 punti percentuali nel 2022 al 144,4% (in calo rispetto al picco del 2020 del 155%) grazie all’elevata inflazione. Ma il deficit del governo si è ampliato, dato il nuovo metodo di contabilizzazione dei crediti d’imposta di Eurostat (“superbonus”). Questo regime, operativo dal 2020, prevede un credito d’imposta cedibile del 110% alle famiglie per lavori di ristrutturazione abitativa (fino a 200.000 euro) per migliorare l’efficienza ambientale del patrimonio abitativo. Di conseguenza, il disavanzo fiscale è stato dell’8% nel 2022, in calo rispetto al 9,0% nel 2021 (rivisto -1,8%). Ma poiché la nuova metodologia avrebbe dovuto produrre principalmente revisioni retrospettive, ci attendiamo ancora un trend di consolidamento del saldo pubblico nei prossimi anni (le nostre proiezioni pongono il deficit al 4,7% nel 2023 e al 3,5% nel 2024). In effetti, il nuovo governo è fiscalmente più prudente di quanto previsto in precedenza e negli ultimi mesi sono state modificate alcune misure costose e fuori obiettivo (come i super bonus e il reddito universale).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *