L’Italia si rifiuta di saltare i giudici dalla giustizia alla politica

Il governo del presidente del Consiglio Mario Draghi ha approvato una profonda revisione del tanto criticato sistema giudiziario italiano, rendendo impossibile per i giudici saltare direttamente dalle professioni giudiziarie alla politica e viceversa.

Le riforme del sistema giudiziario del Paese sono tra i requisiti che l’Unione Europea ha imposto all’Italia per ricevere miliardi di euro in fondi per la ripresa della pandemia.

Tra coloro che hanno spinto negli ultimi decenni a riformare le regole dei giudici c’è Silvio Berlusconi, un ex primo ministro di centrodestra che ha affermato che i pubblici ministeri di sinistra hanno preso di mira lui e il suo impero mediatico per danneggiarlo politicamente.

In una riunione di gabinetto di venerdì, il governo ha deciso varie misure per limitare lo spostamento dei giudici avanti e indietro tra i loro ruoli giudiziari e politici, sia a livello nazionale che locale.

Il Parlamento ora deve abbracciare le riforme per trasformarlo nella legge sulla terra.

Secondo queste procedure, i giudici che si candidano a cariche elettive non possono farlo nei distretti in cui hanno prestato servizio come giudici o pubblici ministeri negli ultimi tre anni. Se eletti, al termine della loro carica politica, non potranno ricoprire alcuna carica giudiziaria ma saranno assegnati a ruoli amministrativi presso il Ministero della Giustizia. Per i giudici che si candidano a cariche politiche ma non sono eletti, devono trascorrere tre anni prima che possano esercitare nuovamente le loro funzioni giudiziarie.

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Il ministro della Giustizia Marta Cartapia ha detto ai giornalisti dopo la riunione di gabinetto che la riforma mira a porre fine alla pratica dei “giudici a porte girevoli che ricoprono incarichi politici”.

In qualità di ex capo della Corte costituzionale italiana, ora presta servizio nel Consiglio dei ministri con un ruolo apolitico, fa parte del governo di unità pandemica formato lo scorso anno da Draghi, in qualità di ex capo della Banca Centrale Europea, ed è anche membro del Consiglio dei ministri. tecnocrati;

“Lo dobbiamo ai cittadini che hanno il diritto di ripristinare la piena fiducia nel nostro sistema giudiziario”, ha affermato Kartapia.

I lavori come giudice raramente sono serviti da trampolino di lancio in politica. Un esempio è Antonio Di Pietro, procuratore milanese del quartiere Mani Pulite, le cui indagini sulla corruzione negli anni Novanta hanno travolto un’intera classe politica. Ben presto Di Pietro entrò in politica, divenne ministro e formò il suo movimento politico di centrosinistra.

Il lento sistema giudiziario italiano è spesso visto come un disincentivo a investitori e imprenditori dal fare affari in Italia.

“In generale, l’equità assicurata e prevista in tempi rapidi favorisce gli investimenti esteri”, ha affermato Draghi. Ma ha detto che una piena riforma del sistema giudiziario italiano è ancora “lunga strada da percorrere”.

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