Immigrati: entro il 2020, oltre 37.000 sono stati ospitati presso l’accoglienza italiana

L’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) ha affermato in un nuovo rapporto che entro il 2020 l’Organizzazione di Accoglienza e Coordinamento (Sai) italiana aveva ospitato 37.372 immigrati, rispetto ai 39.686 del 2019, rispetto ai 41.113 dell’anno precedente.

Il rapporto annuale diffuso dall’Associazione nazionale il 18 giugno afferma che i rifugiati, i richiedenti asilo e tutti i beneficiari dell’Agenzia italiana di accoglienza e coordinamento (SAI) sono principalmente giovani, maschi, celibi e africani subsahariani giunti nel Paese via mare. Comuni Italiani (ANCI).

Il sistema hosting SAI ha sostituito il precedente sistema denominato SIPROIMI. Nel 2020, il SAI ha accolto 37.372 immigrati, rispetto ai 39.686 del 2019, con un picco di 41.113 l’anno precedente.

I dati provengono dal rapporto annuale dell’Anci del 20 giugno, in vista della Giornata mondiale del rifugiato.

Dati di hosting del progetto

Nel 2020 il Fondo nazionale per le politiche ei servizi di asilo ha finanziato complessivamente 794 progetti SAI (-5,9% rispetto all’anno precedente).

Tre dei quattro programmi sono stati destinati ad ospitare persone della categoria “normale” (602 programmi, o 75,8%) e uno su cinque (148 programmi, 18,6%) di minoranze straniere non imparentate. La restante dotazione è per chi ha disabilità psichiche e/o fisiche (44 programmi, 5,5%).

Il rapporto ha rilevato che un totale di 679 enti locali, tra cui 586 comuni, 18 unità regionali, precedentemente note come province (o unità territoriali regionali chowrakomunali), e 26 comuni o comunità collinari e ulteriori 49 enti sono responsabili di un progetto.

Tutte le regioni italiane erano rappresentate da 103 delle 107 province totali. La maggior parte dei comuni (62,7%) responsabili di un progetto ha una popolazione inferiore a 15.000, afferma il rapporto.

READ  La storia di Francesca Stella, nata con una malattia rara durante il primo lock-in e grazie a due determinati medici calabresi

Entro il 2020, 383 aziende avevano implementato i programmi SAI. Si trattava principalmente di organizzazioni sociali (55,1%) e associazioni (18,5%). Seguono aziende pubbliche (12,5%), organizzazioni religiose (3,9%) e gruppi di operatori economici (3,7%).

La metà dei siti del progetto è concentrata nel sud

La metà delle basi complessive di SAI erano nel sud: principalmente in Sicilia, Paclia e Calabria. Il sistema utilizzava principalmente appartamenti (85%) piuttosto che case composte.

Il 79,6% degli ospiti proviene dall’Africa subsahariana (Nigeria, Gambia, Mali, Guinea, Senegal, Costa d’Avorio, Somalia). Il 79,2% sono uomini e il 94,6% ha meno di 40 anni. Circa il 42% ha un’età compresa tra i 18 ei 25 anni, che è la fascia di età più rappresentata.

Complessivamente, gli immigrati che hanno beneficiato dei programmi provenivano da 102 paesi diversi. Al 2020, 14.280 utenti hanno lasciato il sistema di accoglienza SAI, principalmente dopo aver completato il piano hosting (49,4%) o inizialmente (45%) decidendo di rimanere sul sistema.

Il rapporto rileva che i dati hanno confermato che “l’approccio SIPROIMI/SAI, anche durante un’emergenza sanitaria e sociale, ha gravemente colpito l’anno della sperimentazione, con la buona parte di fornire strumenti volti a supportare il percorso di autonomia dei beneficiari”. (Immigrati in un centro di accoglienza a Presia. FOTO / ARCHIVIO / ANSA / FILIPPO VENEZIA)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *